Un buon rapporto con l’équipe medica – in termini di comunicazione, ascolto, condivisione delle scelte – fa la differenza in qualsiasi percorso di cura. Ed è fondamentale nel caso di una patologia come la sclerosi multipla, che può avere importanti ripercussioni sul piano esistenziale e psicologico. Ne sono ben consapevoli gli operatori dei centri SM che in tutt’Italia si confrontano quotidianamente con la realtà di tante persone la cui vita è stata scombussolata da una diagnosi di SM. Non è un caso se proprio una di queste strutture – il Centro SM di Gallarate – sia stato protagonista di una delle prime esperienze in Italia dell’impiego della cartella narrativa nella pratica clinica. Un’esperienza accolta con entusiasmo dai pazienti e dagli stessi operatori che ha portato a compiere un passo ulteriore: condividere ed approfondire questa esperienza avviando un percorso formativo specifico per il personale sanitario dei centri SM. Realizzato con il patrocinio di OMNI Network e Simen, il progetto prende il via sabato 21 settembre con una giornata di studio che affronterà aspetti teorici e applicativi della medicina narrativa.
“Nell’arco di due anni abbiamo esplorato i vantaggi della cartella narrativa e rimaniamo convinte che la sua introduzione nella pratica clinica quotidiana sarebbe utile e opportuna per andare verso il processo decisionale condiviso che tutti auspichiamo”, spiega la neurologa Silvana Baldini, che insieme alla psicologa Loredana Pipolo ha ideato e messo in campo la sperimentazione “narrativa” a Gallarate. Un lavoro che si può definire come una “ prova tecnica di fattibilità” che ha permesso di individuare i nodi dinamici che l’uso di questo strumento comporta. Primo fra tutti, la preparazione del personale.
“La formazione è senza dubbio un elemento fondamentale”, spiega Pipolo, “tuttavia, non si tratta solo di acquisire delle conoscenze teoriche o delle tecniche comunicative. Occorre promuovere un saper essere e saper stare nella relazione con il malato e all’interno dell’équipe dei curanti”. In questa chiave, nel corso del convegno sarà presentato un progetto di studio su tutto quel sommerso costituito di credenze e ragionamenti non ancorati al principio di realtà che può rientrare nel grande capitolo del “ pensiero magico”. “Ci sembra un problema molto attuale, visto che da due o tre anni siamo immersi in un relativismo epistemico in cui pullulano fake news, teorie del complotto, no-vax… I pazienti sono immersi in questo mondo e per quanto ci si sforzi di passare una visione scientifica, occorre ammettere che non sempre ci si riesce”, afferma Baldini. “Capire, peraltro, è diverso da sapere”, aggiunge Pipolo. “Capire è concettualizzare mentre sapere è un’operazione più complessa in cui entrano in gioco esperienze, desideri, visione della vita, sensibilità, libertà”. Mettere le mani in tutto ciò, osserva la psicologa, significa riconoscere l’esistenza del problema – negarla equivale a rafforzare le convinzioni – esplorarne il peso interferenziale e arginare i danni per quanti, magari in momenti di fragilità, vi fanno ricorso.
Dopo il convegno, il progetto proseguirà con diversi incontri, in piccoli gruppi con discussione di situazioni concrete della pratica clinica per sviluppare insieme le competenze relazionali e anche modi, strumenti e procedure per metterle in atto. Un lavoro che, condiviso attraverso la rete dei Centri SM italiani – una fertile realtà che si concretizza in numerosi progetti di ricerca multicentrici e nell’implementazione del registro nazionale dei malati – potrà dare un forte impulso al processo di umanizzazione e personalizzazione delle cure auspicato dal piano nazionale per la cronicità. Una rivoluzione che è solo agli inizi. “Ci siamo rese conto che l’uso della cartella narrativa necessita di un’accurata preparazione del terreno, a più livelli”, chiosa Baldini. “Non basta formare e sensibilizzare i singoli operatori occorre anche creare condizioni favorevoli a livello istituzionale, affrontando tutte le inevitabili resistenze al cambiamento. Se si creasse un vero spazio d’ascolto nella mente degli operatori e fra le pieghe dei concitati ritmi operativi, i malati non tarderebbero a utilizzarlo e potrebbero trovare cure e curanti più rispettosi della loro individualità”.
Photo Credit: reckewegindia Flickr via Compfight cc
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