Creare un ambiente supportivo, attento ai bisogni e al benessere del paziente, comunicare con lui e con chi gli è vicino e anche interagire efficacemente con tutti i membri del team di cura. Sono tanti e diversi gli aspetti della professione infermieristica che, oltre a richiedere una specifica formazione scientifico-sanitaria, chiamano in campo capacità relazionali, di ascolto attivo e di comunicazione.
Ma come si può impare a “mettersi nei panni degli altri”, a intuirne pensieri ed esigenze, a comunicare in modo efficace, a interagire in situazioni delicate e complesse? Secondo una ricerca della Sahlgrenska Academy, Svezia, la chiave per insegnare ai futuri infermieri a svolgere al meglio il loro lavoro è la drammatizzazione. In particolare, il role-playing, una tecnica formativa che comporta la “messa in scena” di situazioni ipotetiche, con alcuni allievi nel ruolo di attori ed altri di osservatori.
“Molti concetti della caring science appaiono agli studenti un po’ astratti e inafferrabili. Cos’è la fiducia? Cos’è la sofferenza? E cosa vuol dire ascolto attivo? La drammatizzazione permette agli studenti di sperimentare le varie situazioni in cui potrebbero trovarsi a intervenire nel setting clinico”, dice Susanna Höglund Arveklev, infermiera, che ha condotto la ricerca come tesi di un dottorato in filosofia (Health Care Sciences). La sua dissertazione ha valutato l’utilità della drammatizzazione nel percorso formativo degli infermieri procedendo attraverso una revisione della letteratura, interviste mediante focus group, qualitative content analysis e interviste individuali, coinvolgendo nell’insieme 230 studenti iscritti ai corsi di laurea base e ai successivi corsi di specializzazione.
Derivato dallo psicodramma (tecnica terapeutica ideata dallo psichiatra Jacob Moreno), il role playing sviluppa, da un lato, l’abilità a cooperare e ad ascoltare con intenzionalità, dall’altro, porta a una maggiore consapevolezza dei punti di vista altrui, delle dinamiche interpersonali e, più in generale, dei processi di comunicazione. Nel caso del nursing, un esercizio prevede, per esempio, che due studenti simulino un incontro tra un paziente e un infermiere in un setting clinico. Il tempo stringe e l’operatore cerca di orientare la conversazione in una direzione non gradita al paziente. Come ci si sente a lavorare in questa situazione? E cosa succede quando i ruoli si invertono?
Un altro esempio è il Forum Play, che prende le mosse da un’esperienza realmente vissuta dagli studenti, con dilemmi etici, conflitti e difficoltà nella comunicazione a diversi livelli, con il paziente e i suoi familiari ma anche tra gli operatori. Un piccolo gruppo la mette in scena, altri assistono come spettatori. “La drammatizzazione dura pochi minuti e deve essere interrotta nel momento di maggiore difficoltà, restando irrisolta”, spiega Höglund Arveklev. Quindi, si replica: la situazione di partenza è la stessa ma questa volta gli spettatori sono invitati a interrompere la scena, a entrarvi assumendo uno dei ruoli in gioco. Si va avanti così e si osserva come la situazione cambia in ragione dei diversi interpreti che si avvicendano nei vari ruoli e delle loro diverse modalità di interazione.
“Esplorando ruoli e scenari diversi e condividendoli all’interno del gruppo, gli studenti possono scoprire i propri punti di forza e le proprie difficoltà nel relazionarsi con chi hanno di fronte, imparando molto riguardo a sé stessi e all’interazione con gli altri”, osserva la ricercatrice. “La drammatizzazione”, conclude Höglund Arveklev, “permette di testare le conoscenze teoriche sulla prevenzione e gestione di conflitti e altre dinamiche relazionali che potrebbero intercorrere non solo con i pazienti, ma anche con i familiari degli stessi e con altri membri del team curante, così da sentirsi maggiormente pronti a utilizzarle nel proprio futuro professionale”.
Riferimenti: Drama and Learning in Nursing Education. A study in first and second cycle
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