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A casa tutti bene? Un report fotografa gli italiani in quarantena

16 Aprile 2020 - di Redazione OMNINEWS

Di incertezza in incertezza – sulla pericolosità del coronavirus, su ciò che sta accadendo là fuori, su quanto durerà questa “condizione disumana” di isolamento sociale e confinamento geografico imposti dall’emergenza COVID-19 – l’umore degli italiani in quarantena si fa sempre più cupo e preoccupato per il futuro. Un disagio che – secondo i dati appena diffusi dall’osservatorio “Mutamenti Sociali in Atto-COVID19” (MSA-COVID19) dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Cnr – colpisce particolarmente chi possiede un titolo di studio medio-basso e in generale più le donne, tornate volenti o nolenti a svolgere il loro “ruolo naturale di madre e moglie”.

Questi ed altri sono gli effetti psico-sociali del lockdown – tra confinamento, convivenza forzata e distanziamento sociale – che emergono dalla prima analisi dei risultati di un sondaggio diffuso su scala nazionale (140.000 interviste) in collaborazione con I’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e la Fondazione Movimento Bambino ONLUS. Lo studio fotografa la condizione abitativa, relazionale e lavorativa, analizzando nello specifico le attività quotidiane, l’uso di internet e l’iperconnessione, la violenza domestica, la fiducia sistemica e gli stati psicologici degli italiani in quarantena.

Nel dominio dell’incertezza

Circa 4 persone su 10 prevedono di andare incontro a gravi perdite economiche, più di una su 10 di perdere il lavoro o la propria attività, e due su 10 di andare in cassa integrazione. Il titolo di studio risulta un importante salvagente della tenuta lavorativa. Il rischio di non riuscire a far fronte anche alle esigenze alimentari nei prossimi giorni è concreto per circa 3 persone su 10, soprattutto nel Centro e Sud Italia.

L’incertezza per il futuro riguarda in particolare le donne (il 44,9% contro il 31,1% degli uomini) e chi possiede un titolo di studio medio-basso. Emergono poi condizioni di disagio connesse all’assenza dell’interazione sociale, l’aumento di stati depressivi, disturbi di tipo alimentare e legati all’abuso del digitale e dell’alcool.

Sui minori di 12 anni, osservano gli analististi, si sta producendo un disagio dovuto al distacco da amici e nonni (rispettivamente 64,5% e 47,5%) e un rilevante abuso di internet a scopo di gioco e comunicazione (rispettivamente 33,5% e 19,2%).

Tutti a casa, tra letture e antichi stereotipi

Tra le principali attività svolte in questi giorni da chi è si trova a disporre di maggior tempo libero spicca positivamente la lettura di libri. Le scelte appaiono però spesso prodotte dai condizionamenti sociali e da una visione stereotipata dei ruoli, rintracciabile nel 16,1% degli intervistati, più tra gli uomini (circa il 20% vs il 10% delle donne), i non laureati, i credenti, nel Mezzogiorno, chi ha un orientamento politico di centro-destra e crescente con l’età. Tra gli italiani in quarantena c’è chi ritiene che sia giusto offrire agli uomini maggiori valvole di sfogo, ad esempio permettendo loro di uscire per la spesa o altre esigenze, ma soprattutto chequesto momento offra alla donna la possibilità di “riacquistare il suo ruolo naturale di madre e moglie” (sono d’accordo il 27% delle donne e il 37% degli uomini).

Sul web, virtuosi o complottisti

La gran parte degli intervistati sa difendersi dalle fakenews. Moltissimi prestano attenzione a ciò che leggono (80%), alle conseguenze di ciò che scrivono (94%) e controllano immagini e testi prima di condividerli (88%). Pochissimi si dichiarano favorevoli ad azioni di odio sul web (3%), ma per il 30% è più facile esprimere sincerità in rete che dal vivo. Ma c’è anche un partito di complottisti: circa 4 soggetti su 10 ritengono che il web offra ciò che i notiziari nascondono deliberatamente, lo pensano prevalentemente i maschi (45% contro il 37% delle donne) e le persone con titolo di studio medio-basso (42% contro 32%).

Iperconnessi, full immersion nel virtuale

Quattro persone su 10 passano ora il doppio del tempo sui social (fino a 60 minuti, 21,5%; da 1 a 3 ore, 42,1%; oltre 3 ore, 33,7%). Tutti, indipendentemente dall’età: leggermente di più le donne, chi vive nel Mezzogiorno e chi non ha figli. Al fattore tempo corrisponde un incremento di emozioni e stati negativi quali rabbia, disgusto, paura, ansia e tristezza. E, parallelamente, una diminuzione di felicità e rilassamento.

L’immersione di massa nel digitale, segnalano gli autori del rapporto, con l’implicita legittimazione della trasposizione del reale sul virtuale, soprattutto in ambito didattico e ludico per i più giovani, sta generando un’iperconnessione che potrà divenire un fattore patologico (è stato rilevato tra i minori di 12 anni un abuso di internet per gioco e comunicazione, pari al 33,5% e al 19,2%). E già ora circa la metà delle persone, il 44,5%, ritiene che la comunicazione virtuale (social, chat ecc.) possa sostituire quella personale (faccia a faccia).

La convivenza, per amore o per forza

Il 57% dei partecipanti al sondaggio convive in questo periodo con un partner o ex partner. Ma non sono tutte rose e fiori: il 5% di chi vive in coppia dichiara che il clima è poco collaborativo, pacifico e affettuoso (in linea con le tendenze ISTAT). Pochi di più (6%) sono quelli seriamente preoccupati per la stabilità di coppia a causa della convivenza forzata. Maggiore è la consapevolezza del rischio di violenze psicologiche: il 15% considera quelle commesse da uomini su donne, il 9% la situazione inversa. Il rischio di violenza fisica da parte di uomini su donne è percepito dal 13% del campione, quella delle donne sugli uomini dal 3%.

Alcuni genitori, infine, ammettono che alle liti tra loro spesso assistono i figli (5% circa dei casi).

Siamo in buone mani?

Non sorprende che in questo momento le figure sociali, istituzionali e collettive più apprezzate siano gli scienziati, la protezione civile, le forze dell’ordine e la sanità. E nemmeno che in fondo alla classifica, ci siano politici, banche, informazioni diffuse sui social e Unione Europea, l’unica a perdere veramente posizioni. Su tutto spiccano singole figure istituzionali: il presidente della Repubblica, del premier e il papa, godono di un’ottima salute mediatica.


Le emozioni degli italiani in quarantena

Gli italiani sapranno accusare il colpo e ripartire? In generale la resilienza cresce con il livello di istruzione e l’età, la fascia 50-69enne è la più orientata al problema. La capacità di fronteggiare, resistere e reagire positivamente a un evento stressante o traumatico (misurata su due indicatori: “orientato al problema” e “focalizzato su emozioni positive”) evidenzia un atteggiamento più centrato sulle emozioni positive (maggiormente gli uomini) e un po’ meno orientato al compito (maggiormente le donne). Rispetto all’indicatore delle emozioni positive, il Nord ottiene il punteggio più alto , il Sud il più basso.

Tristezza, paura, ansia e rabbia: sono le emozioni primarie del distanziamento sociale, che ha precipitato la felicità in fondo alla classifica delle emozioni primarie più diffuse. Senza grandi differenze tra i due sessi, se non una maggiore intensità nelle donne, e con un andamento inversamente proporzionale all’età: gli over 70 hanno un’intensità emotiva più bassa rispetto ai giovani fino a 29 anni. I più intensamente preoccupati sono nella fascia dei 30-49. Emozioni più forti emergono in generale nel Mezzogiorno, nonostante la minore diffusione del contagio. E così tristezza, paura e rabbia, sono più forti in Calabria, Basilicata, Campania, Molise, Puglia e Sicilia.

Nota

Il report dell’osservatorio “Mutamenti Sociali in Atto-COVID19” (MSA-COVID19) è frutto del lavoro di un gruppo di ricerca multidisciplinare, con competenze nel campo della sociologia, statistica, psicologia, psicopedagogia, demografia, economia e antropologia culturale. Una versione sintetica del documento è disponibile qui.

Tag: antropologia, COVID-19, emozioni, psicologia

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