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Raccontare per [r]esistere

20 Ottobre 2020 - di Rossella Aiardi

Sentir parlare oggi di Medicina Narrativa non è poi così difficile. Vedere prolificare corsi e iniziative, tutti più o meno meritevoli di attenzione, è molto frequente. Quando, cinque anni fa, presso la Zona Territoriale di Pistoia, dell’Azienda Toscana Centro, abbiamo iniziato a progettare ed attuare corsi di formazione permanente sul tema della Medicina Narrativa, fu solo l’impegno, il coraggio e la passione di alcune persone, accumunate dall’esigenza di introdurre la narrazione nel lavoro di cura, a portarli a buon fine. L’appoggio e la spinta a non demordere, ma a “guardare lontano”, è sempre stata la molla che ci ha offerto il Direttore Infermieristico, la Dr.ssa Rosaria Raffaelli la quale, fin dall’inizio, ha creduto in questo progetto formativo. Progetto che poi è continuato con l’avvento del suo successore, il Dr. Mirco Gregorini.

Essere, raccontare, esistere: la narrazione nel lavoro di cura. Un titolo che racchiude l’essenza del nostro credere in questo impegno formativo. Evento “pensato” e costruito utilizzando una metodologia alternativa ed innovativa. Non più lezioni frontali, slides o frasi ad effetto, ma laboratori esperienziali e riflessioni circolari. Non concetti astratti, ma il tentativo di “scendere sul campo”. Un calarsi nei contenuti più vivi e complessi della relazione di cura nella pratica clinico-assistenziale, con un conseguente coinvolgimento, a tutto tondo, dei partecipanti che uscivano da quelle aule con le lacrime agli occhi, che si fermavano ogni volta a chiedere “Ci sarete anche l’anno prossimo, vero?” e ancora “Questo evento sarà inserito nella formazione obbligatoria?”.

E noi docenti a stupirci, quasi. A percepire il loro “grazie” come una forza per scalare gli ostacoli dello scetticismo che regolarmente ci siamo trovati davanti. E sempre con entusiasmo. Perché se ci si crede e ci si crede insieme, tutto sembra più facile, anche nei momenti più faticosi.

Durante la progettazione del corso, la scelta dei docenti si è rivelata un’intuizione vincente. Non solo professionisti competenti e titolati a parlare con altri professionisti competenti e titolati. Non solo professionisti abili a sviscerare i problemi e le criticità emergenti dal rapporto con i pazienti, ma anche la presenza di docenti “esterni”. O meglio, di pazienti con il loro vissuto, con le loro storie di malattia che hanno reso più credibili ed autentici gli argomenti trattati. Un’esperienza onesta, sincera, alla pari. Dove, “davvero”, c’è stato dialogo, apertura, confidenza. C’è stato ascolto da una parte e dall’altra.

Nessuno slogan, quindi. Nessuna frase eccezionale e demagogica proiettata sulle pareti, ma la vita vera e quotidiana dei reparti, degli ambulatori, di chi sta male, di chi vorrebbe aiuto e non sa come chiederlo. E se è stato tangibile quello che siamo riusciti a dare a quelle stesse persone che, non solo in questo momento di tragedia causata dal Covid 19, ma ogni giorno combattono una personale battaglia all’interno dei luoghi di cura, alla fine ci siamo chiesti cosa, di questo lungo e incredibile percorso formativo fosse ritornato nella nostra esperienza di docenti. Ci siamo, quindi, chiesti, cosa è rimasto al di là dei rapporti di amicizia che sono inevitabilmente nati. Ci siamo, insomma, interrogati. Così, abbiamo sentito l’esigenza di fissare brevi riflessioni personali dando vita a questo articolo.

Crediamo siano testimonianze importanti in un momento in cui si chiede di “aiutare chi aiuta”. Sono riflessioni di coloro che hanno dato vita all’evento formativo. Che hanno sentito il bisogno di raccontarsi, di riflettere sul significato di questa esperienza di formazione e non solo, utilizzando proprio il canale della narrazione. Importante capire come la buona volontà di dare un senso più profondo a quello in cui si crede, possa essere, comunque, raggiungibile. Anche se il rischio di non essere compresi è alto. Anche se tutto nasce in un piccolo e sano ospedale di provincia. Dove c’è l’orgoglio della propria appartenenza. Dove, davvero, si vorrebbe che tutto andasse bene.


Essere, raccontare, esistere: le narrazioni

  • Ho ripreso il respiro
    Rossella Aiardi, ex infermiera
  • Il coraggio che non credevo di avere
    Lucia Teresa Benetti, scrittrice, pittrice, paziente oncologica
  • Organizzare e promuovere la cultura della Narrazione nei contesti di cura
    Marco Alaimo, infermiere, laurea Magistrale in Psicologia Clinica
  • Non è mai tardi
    Serena Biagini, Infermiera
  • Un’esperienza indesiderata
    Fiorenzo Gori, insegnante, artista, paziente
  • I loro sguardi … il mio vuoto
    Giulia Melani, infermiera
  • Un volo dirottato al decollo
    Kathya Lenzi, infermiera
  • Ascoltare
    Stefano Nerozzi, medico

Ecco, queste sono le narrazioni dei docenti suscitate dagli incontri relativi ai corsi di Medicina Narrativa effettuati nell’Area Territoriale di Pistoia. Ci eravamo preoccupati, all’inizio, di giungere insieme a consolidare quel gesto di cura che avrebbe potuto, se abbracciato, portare un rapporto completamente nuovo fra le parti. Noi ci abbiamo provato. Ci siamo, però, anche resi conto di quanto importante, in termini di arricchimento professionale e umano, sia rimasto in ognuno di noi.

La Medicina Narrativa, oggi più che mai, nel tempo del Covid 19, si rivolge non solo alla persona assistita, ma anche ai professionisti della cura. L’approccio narrativo, quindi, come strumento per non impazzire davanti alle morti orribili. O alla propria impotenza. Per non morire dentro, ogni volta, di fronte all’immensa sofferenza del paziente. Paziente solo, angosciato, disperato o del familiare in preda al dolore più lacerante, dato dal non poter essere vicino al proprio caro nel momento del trapasso.

Le narrazioni riportate nel presente articolo, rappresentano un’esperienza di senso e di apprendimento, un luogo di cura del sé. Quest’esperienza di narrazione che ci ha permesso di sviluppare una nuova consapevolezza verso noi stessi e verso ciò che ogni giorno pratichiamo. Ha rappresentato un esercizio condiviso di riflessione su quanto appreso nel percorso formativo e quanto questo ci abbia cambiato.
Concludendo, la cura basata sulla narrazione, sta a ricordare a tutti che, sia chi sta di qua o di là delle barricate, sono solo e sempre Persone. Con pigiami o camici, ma Persone. In entrambe i casi, comunque, bisognosi di ascoltare e di essere ascoltati.

Bibliografia

Rita Charon (August, 2007), What to do with stories. The sciences of narrative medicine. Canadian Family Physician, 53, 8, 1265-1267.
FNOPI (2019), Codice deontologico delle Professioni Infermieristiche, art 4, Roma, consultato il giorno 12 giugno 2019.
Conferenza di Consenso (11-12-13-14 giugno 2014), “Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative” ISS, Roma, consultato il giorno 28 dicembre 2019.
Luigina Mortari (Dicembre 2012), La relazione di cura, Aiems, Dipartimento di Filosofia Pedagogia Psicologia – Università di Verona Riflessioni Sistemiche – N° 7, consultato il giorno 10 gennaio 2020.

Tag: formazione narrativa, medicina narrativa, storytelling

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