“Solo l’atto clinico, cioè il colloquio con il singolo (clinos/letto), ci permette di demitizzare il nosos: la schizofrenia, la polmonite, la melanconia”, scriveva il grande psichiatra Bruno Callieri qualche anno fa (2006). Uno dei grandi problemi della salute mentale è infatti lo stigma, che impedisce la narrazione e aumenta l’isolamento. Ciò aggrava in primo luogo la condizione dell’individuo, ritardando la diagnosi, limitando il ricorso alle cure, riducendo la qualità di vita con conseguenze negative anche sulla compliance ai trattamenti, sull’efficacia del rapporto coi curanti e sullo stress di questi ultimi. Ma lo stigma colpisce anche le famiglie, aumentandone lo stress e l’isolamento. La divulgazione insieme alla narrazione possono essere uno strumento concreto, economico e appropriato per la riduzione dello stigma e il miglioramento dell’assistenza, con ricadute favorevoli su salute, costi e qualità della vita.
Racconta la tua storia di malattia mentale
Nasce da queste considerazioni “Racconta la tua storia”, un progetto di Medicina basata sulla Narrazione (MBN) nell’ambito della sofferenza mentale: uno spazio narrativo nel web dedicato a pazienti psichiatrici, famigliari e operatori della salute mentale all’interno del sito www.20centesimipsichiatria.it, nato nel 2015 per divulgare in modo semplice le parole della psichiatria, che spesso spaventano. Il visitatore compila una scheda anagrafica contenuta nel form, i cui dati sono archiviati ai fini della tracciabilità ma non vengono diffusi. Sottoscritto il consenso informato, si può scrivere la propria storia di paziente, famigliare, caregiver o curante. Le storie raccolte vengono poi condivise in rete. Parallelamente a questo progetto è stato realizzato il video “Il mondo della Sua storia” , pubblicato su Youtube.
Una riscoperta del vissuto in psichiatria
Da tempo, in psichiatria sta emergendo la necessità di una riflessione metodologica che consenta di integrare la Evidence Based Medicine prodotta sulle categorie dei Manuali Statistico Diagnostici e la personalizzazione della cura che passa per l’intima natura narrativa dei vissuti personali. Questi ultimi, seppure non formalmente esclusi dal procedere scientifico, sono stati relegati in una zona incerta e discrezionale, di rilevanza marginale rispetto alla “misurabilità dei sintomi” con strumenti standardizzati. Ne consegue che la complessità della vita psichica potrebbe essere ridotta a un oggetto facilmente osservabile ma artificiale e alquanto diverso dalla realtà naturale. Con il rischio di un paradosso molto simile a quello della “fasciatura” dei neonati un tempo normalmente praticata e che, invece di prevenire la lussazione congenita dell’anca, la peggiorava notevolmente.
La crescente esigenza di personalizzazione della cura in termini di efficacia e controllo dei costi non può prescindere dalla narrazione e dalla condivisione dei vissuti, anche quelli dei “matti” la cui “incomprensibilità” sembrerebbe negare l’accesso all’empatia, che, invece, è sempre possibile e continua fonte di evoluzione. Uno spazio di narrazioni “psichiatriche” in rete quale è “Racconta la tua storia” si propone come un pratico interfaccia che consente la condivisione di significati comuni oltre le barriere della diagnosi e del pregiudizio. Per questo, dev’essere utilizzabile e consultabile da chiunque con la garanzia dell’anonimato, e con questo, contribuire a promuovere la prevenzione e la cura della salute mentale. Inoltre rappresenta il fondamento dell’archivio per lo studio e l’analisi delle narrazioni in salute mentale.
Connessi e isolati: un antidoto
Infine, oggi il web viene spesso trasformato in un luogo di rifugio e isolamento che diventa alternativo alla comunicazione autentica e reale con l’altro, in cui, la “facilità” del virtuale diventa il fine e non più un mezzo. E’ questo avviene ancora più facilmente se si attraversa uno stato di disagio psichico più o meno grave. Uno spazio dedicato ai vissuti, sebbene virtuale, potrebbe essere un facilitatore di rapporti umani autentici e reali in grado di fornire una effettiva risposta ai bisogni comunicativi. “È la nostra visione miope del mondo che, per semplificare troppo, ha perso il senso dell’esistenza proprio perché lo si è imprigionato dentro qualche comoda formula, per difendersi dal mistero Da questo mistero che spaventa”, ha scritto recentemente un altro maestro della psichiatria, Vittorino Andreoli (2017). “Mi pare abbiano molto senso sia il desiderio di salute, di non avere male, sia il desiderio di poter vivere meglio, il meglio possibile. […] A dimostrazione che questi due bisogni sono distinti, si può ipotizzare che anche il malato, correttamente seguito per risolvere o lenire la malattia, possa desiderare di vivere, da malato, un poco meglio, raggiungendo un “bendessere” che si riferisce alla sua esistenza e non alle condizioni di quell’organo che funziona male”.
Ho una storia da raccontare