«Mi piacerebbe che dopo avermi ricevuto, la sua porta non si chiudesse subito ». Oppure: «Sorrida dottore, il tumore ce l’ho io, non lei». O ancora domande semplici, richieste pratiche di aiuto. Per i malati la comunicazione con gli oncologi è così importante da diventare essenziale per il buon esito delle cure, che sono lunghe e spesso molto faticose per chi le fa e chi gli sta accanto. Ascolto e più tempo, soprattutto nel momento in cui si comunica la diagnosi, è infatti la prima richiesta di tutti i pazienti. «A me spettava il compito di dare le diagnosi e sapevo già quanto fosse importante la chiarezza.
Ora, da paziente, ne ho una consapevolezza ancora più profonda », dice Maria Silvia Sfondrini, radiologa, responsabile dell’Unità di Senologia Diagnostica della Mangiagalli di Milano, da due anni malata di leucemia mieloide acuta. Che aggiunge: «È importante mettere in evidenza le possibilità, le nuove terapie. La cosa più difficile da affrontare, la più innaturale, è l’assenza di speranza».
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