“Chi chiami cattivo? Chi mira solamente a incutere vergogna.
Che cosa è per te la cosa più umana? Risparmiare vergogna a qualcuno.”Nietzsche, La Gaia Scienza
La cosiddetta teoria dell’automedicazione sostiene che, tra gli altri motivi, le persone con depressione usino le sostanze psicoattive o giochino d’azzardo per sfuggire o mitigare le emozioni negative, per tentare cioè di medicare il disagio. La ricerca scientifica mostra infatti che la depressione, ma anche l’ansia, è un fattore di rischio per il consumo problematico di alcol, tabacco, droghe illegali e anche gioco d’azzardo.
Al di là di questa associazione, ormai evidente da tempo, la ricerca scientifica deve ancora chiarire quali siano i meccanismi e i fattori psicologici e cerebrali al centro di questa relazione e con cui si realizza la mediazione, il passaggio, dai sintomi della depressione a quelli della dipendenza. Per esempio, quali aspetti emotivi sono più importanti tra quelli caratteristici della depressione, la cui costellazione di emozioni penose appare assai articolata: senso di colpa, vergogna, disprezzo di sé, patia, anedonia (incapacità di provare piacere).
La vergogna, ascensore per la dipendenza
Una recente ricerca sembra aver dimostrato che il mediatore principale dalla depressione alla dipendenza sia la vergogna, un’emozione auto-diretta che segue eventi di vita negativi o scelte fallimentari ed è caratterizzata da intensi sentimenti di inferiorità, inutilità e imbarazzo.
La ricerca ha usato un disegno longitudinale, vale a dire con misurazioni prese in due tempi diversi. Un gruppo di 210 studenti universitari ha inizialmente completato un test per misurare sintomi depressivi (Tempo 1). Successivamente, un mese più tardi, lo stesso gruppo è stato sottoposto a test per misurare i livelli personali di vergogna, abuso di alcol e problemi col gioco d’azzardo (Tempo 2).
I risultati della ricerca
I risultati hanno mostrato che gli individui con depressione elevata al tempo 1 hanno riportato alti livelli di vergogna al tempo 2. Questi ultimi, con più elevati livelli di vergogna, erano quelli che riportavano maggiori problemi col gioco d’azzardo (β = .038, IC al 95% [.010, .087]) e col consumo di alcol (β = .249 , 95% CI [.123, .435]) al tempo 2.
Dunque, tra i diversi elementi in gioco nelle relazioni tra sintomi depressivi e dipendenze, questo risultato sembra suggerire che nella depressione la vergogna possa facilitare la ricerca dell’uso di sostanze e del gioco d’azzardo e condurre a comportamenti di consumo problematici, aggravando così il problema.
Implicazioni pratiche
Se queste evidenze verranno confermate sarà possibile sviluppare strategie di intervento preventivo per le dipendenze su soggetti che stanno vivendo una condizione depressiva attraverso la misurazione dei livelli di vergogna personale.
I risultati dello studio suggeriscono inoltre che vanno assolutamente evitati comportamenti, parole, che suscitino o alimentino il ciclo della vergogna nelle persone che si confrontano col “male oscuro”, con la tristezza patologica, o anche solo semplicemente con le difficoltà. Sono molte le persone che lottano contro questa condizione senza parlare, senza farla conoscere, senza chiedere aiuto. Spesso proprio queste persone vengono stigmatizzate per i loro comportamenti, per la tendenza a chiudersi, per l’apatia, per l’incapacità di godere delle cose e di farsi coinvolgere nel divertimento e nella socialità, per il rallentamento sul lavoro, la scarsa efficienza, l’apparente disinteresse verso le persone care. Ogni nostra accusa è un peso che si aggiunge all’insostenibile gravame che le opprime e amplifica la vergogna che già provano.
Bisognerebbe cercare di essere più umani, anche solo un poco più attenti.
Foto di copertina: Masaccio, La cacciata dal paradiso, particolare, Cappella Brancacci, Firenze.
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