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Dai parole al dolore. Lessico emotivo e regolazione delle emozioni

29 Agosto 2017 - di Stefano Canali

“Dai parole al dolore; il dolore che non parla, sussurra al cuore oppresso e gli ordina di spezzarsi”, cosi William Shakespeare, nel Macbeth,  fa dire a Malcom che si rivolge a Macduff disperato per aver appena appreso l’uccisione di sua moglie e dei suoi figli.

La valutazione, il reappraisal di un evento emotivo e anche il distanziamento dipendono dal riconoscimento dell’emozione che esso suscita, non si può infatti giudicare il significato emotivo di qualcosa se non si riconosce l’emozione associata. Il riconoscimento è un processo cognitivo che porta a una attenuazione delle attivazioni del cervello emotivo-impulso, e quindi a una diminuzione delle reazioni fisiologiche e dello stress associato a quel particolare evento emotivo.

Parole e regolazione delle emozioni

Una evidenza scientifica di estremo interesse anche per la clinica delle dipendenze è che questo disinnesco emotivo-impulsivo avviene anche soltanto nominando l’emozione. Mettere in parole un carico affettivo anche penoso attenua immediatamente il suo impatto sul vissuto e sulla reattività fisiologica e comportamentale che quell’emozione tende a suscitare. E’ noto l’impatto del vissuto emotivo penoso e dello stress correlato a questa condizione affettiva sul consumo di sostanze e sulle ricadute. Per questo gli studi sul ruolo del lessico emotivo, delle capacità di riconoscere e “dare un nome” alle emozioni nella regolazione emotiva, possono avere notevoli ricadute nel trattamento e nella prevenzione del disturbo da uso di sostanze.

Una delle ricerche più citate a questo proposito è quella del gruppo coordinato da Matthew Lieberman alla facoltà di psicologia della University of California Los Angeles  – UCLA. Questo studio ha dimostrato che nominando l’emozione percepita durante l’osservazione di foto di persone con varie espressioni emotive, dalla rabbia alla gioia, l’attivazione della corteccia prefrontale aumentava e l’attivazione dell’amigdala diminuiva rispetto alle attivazioni corrispondenti alla semplice osservazione delle stesse foto[1].

La ricerca del gruppo di Lieberman, come le molte analoghe condotte in seguito, suggerisce che il consapevole etichettamento linguistico di un’emozione percepita porta a una regolazione efficace e quindi facilita l’autocontrollo. Ciò suggerisce che i training che migliorano la capacità di riconoscere le emozioni possono contribuire a migliorare le regolazione emotiva e dunque diminuire il consumo di sostanze. Tra questi diversi esercizi, va indicato l’addestramento mindfulness, in particolare quello con specifica attenzione verso le emozioni, perché stimola e allena specificatamente la capacità di riconoscere l’emozione insorgente, di nominarla e di lasciarla andare. Per questo è ipotizzabile che possa essere utilmente usata negli interventi sulle dipendenze.

Riferimenti bibliografici

[1] Lieberman MD, Eisenberger NI, Crockett MJ, Tom SM, Pfeifer JH, Way BM. Putting feelings into words: affect labeling disrupts amygdala activity in response to affective stimuli. Psychol Sci. 2007 May;18(5):421-8.

Stefano Canali è ricercatore e docente di filosofia delle neuroscienze alla Sissa di Trieste. E’ autore del blog Psicoattivo, da cui è tratto l’articolo qui pubblicato.

Tag: dipendenze, linguaggio, psicologia

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